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In concomitanza con Home Beirut, mostra collettiva sulla capitale eterogenea e indecifrabile del Libano, da Novembre 2017 a Febbraio 2018, tra gli spazi del MAXXI di Roma fa capolino una rassegna di documentari e mediometraggi, interamente legati a quella che un tempo era la “Svizzera d’Oriente“. Lo strepitoso lavoro del team del MAXXI nella ricerca e selezione delle pellicole, ha inderogabilmente permesso di far luce su diverse facce dello stesso diamante, arricchendo la già notevole mostra su Beirut di una costola multimediale raffinata, dal programma variegato. Difatti, ciascuno dei film scelti ha il pregio di focalizzarsi su un diverso angolo della città, della sua storia, la sua gente, le sue lingue. Fra i titoli in rassegna, proiettati in loop nell’area videoespositiva “Artapes”, per la durata ciascuno di una settimana, avevo dato esclusiva priorità al film queer di Roy Dib vietato in Libano, “The Beach House“. Malgrado il fervore iniziale per l’opera di Roy, il mio interesse è stato completamente eclissato da un altro film in lizza, l’incomparabile “The Anabasis of May and Fusako Shigenobu, Masao Adachi, and 27 Years without Images” (Eric Baudelaire, 2011). Continua a leggere